Per la piena comprensione e la conoscenza di Vittorio Granchi pittore di vedute urbane e di paesaggio, uno degli aspetti come si è visto prevalenti della sua lunga attività artistica, rivestono una singolare importanza i cicli di lavori realizzati durante escursioni di lavoro o ferie estive in Maremma, a Siena, dove vinse un primo premio di pittura nel 1959, e sul monte Amiata. L’opera premiata, Piazza del Campo, è oggi conservata nelle collezioni del Monte dei Paschi di Siena.

Vittorio Granchi mentre dipinge il Duomo di Siena, anni ’50 del ‘900. Archivio Studio Granchi.

Vittorio Granchi, Veduta di Castel del Piano dagli orti, olio su tela, 1957, Düsseldorf, collezione privata.

Vittorio era molto legato alla montagna non solo per ragioni familiari: lui, fiorentino autentico, aveva sposato, nel 1946, la sua allieva Noris Rossi nativa di Castel del Piano, anche se fiorentina di formazione. La mamma della moglie era una Pieri del paese, andata sposa, dopo la prima guerra mondiale, a Fernando Rossi di Firenze e da allora stabilitasi in quella città.

La famiglia della moglie: Orlandina Pieri, Fernando Rossi e la piccola Noris a Firenze nel 1922. Archivio Studio Granchi.

La famiglia di Vittorio (in alto sul tronco dell’albero), il padre Pasquale, la madre Isolina Battaglini e le tre sorelle, da sinistra: Margherita, Anna e Giovanna a San Mommé nell’estate del 1919. Archivio Studio Granchi.

La famiglia non aveva però, secondo una consuetudine radicata nelle genti amiatine, mai voluto interrompere i rapporti con il paese natio cui la legavano ragioni affettive, la casa e numerosi parenti e dove tornava ogni anno per le ferie di settembre. Vittorio Granchi già conosceva peraltro questi territori che aveva frequentato anche in gioventù sia per ragioni d’ufficio legate al suo mestiere di restauratore di Stato ma anche perché da sempre attratto dalla forza e dalla bellezza austera e vigorosa dei paesaggi maremmani e amiatini di cui diverrà un cultore, concentrandosi nel corso degli anni in particolare sui paesi e il territorio di Castel del Piano e Seggiano. Vedute e paesaggi di questi centri medioevali e dei loro dintorni sono ormai da tempo in collezioni private italiane e straniere e proprio un dipinto realizzato lungo il torrente Ente, tra Castel del Piano e Montegiovi, acquistato dal Ministero della Pubblica Istruzione nel 1951, è oggi conservato alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti a Firenze.

Vittorio Granchi, Il torrente, 1950, Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti.

Vittorio Granchi,  Lungo l’Ente, 1951. Archivio Studio Granchi.

Egli fu quindi, a partire dagli anni Quaranta del ‘900, prezioso iconografo dei paesi amiatini che egli ha contribuito, attraverso i suoi dipinti e disegni, a far conoscere anche al di là dei confini toscani e che rappresentarono per lui una ininterrotta fonte di ispirazione e méta continuamente rinnovata di assidue frequentazioni. Vittorio fu un appassionato cultore e difensore di quel grande patrimonio territoriale sparso in piccoli centri, e talvolta nascosto o non conosciuto, ma che rappresenta uno straordinario tessuto culturale spesso non inferiore a quello valorizzato nei più noti musei dello Stato. Egli stesso più volte, durante le sue lezioni ai giovani apprendisti del Laboratorio Restauri, amava richiamare l’attenzione sul cosiddetto patrimonio “minore” presente, per lo più in sottotono, nelle chiese, nelle pievi, nei centri storici del territorio e spesso condannato ad una incuria spesso ingiustificata e quindi ad un inesorabile degrado. L’Amiata e il suo tessuto di centri storici con le loro opere d’arte, in felice rapporto con una natura provvida e per lungo tempo incontaminata, rappresentarono sempre per Vittorio un palinsesto di questa ricchezza territoriale. Vi vedeva  motivi di grande interesse ma anche talvolta di viva preoccupazione per gli aspetti conservativi. Egli, ad esempio, ha sempre considerato la dinastia dei pittori Nasini come un’autentica risorsa del territorio ed è stato tra i primi a segnalarne la qualità e l’importanza ma anche, con  apprensione, lo stato di grave degrado in cui giacevano molte di queste opere. Con i suoi dipinti e disegni, bloccando in visioni di eccellenza aspetti del paesaggio ma anche delle architetture dei paesi e delle attività dei loro abitanti, Vittorio Granchi attuava in un certo senso una operazione di “indirizzo” culturale, proponeva una sorta di atto di amore, di affettuosa “segnalazione” di un patrimonio di bellezza e di mestieri legati al monte, identificati e riproposti come valori da tramandare come risorsa per le generazioni future.

Vittorio Granchi, Luci e ombre tra i castagni, olio su tela, 1948. Archivio Studio Granchi.

Nel 1997, in occasione della restituzione alla Propositura di Castel del Piano della grande pala di Francesco Nasini con la Madonna in Gloria tra San Niccolò e San Michele Arcangelo che fu restaurata in onore di Vittorio a cinque anni dalla sua scomparsa, così il figlio Andrea scriveva in catalogo: “..Ho ancora ben presenti nella lunga operosa estate del ’92, l’ultima di una lunga teoria, il fervore e lo slancio quasi giovanili espressi dai suoi ultimi dipinti, tra gli olivi secolari di Seggiano, le “crete” lungo l’Orcia o in Piazza Garibaldi in paese, i suoi luoghi più prediletti e più raffigurati..(..) lasciando, nel corso di oltre cinquant’anni, un’immagine di Castel del Piano e del suo territorio in grado di documentarne la rapida evoluzione soprattutto a partire dagli anni ’60...” Quel significativo restauro fu realizzato con il concorso della moglie Noris, del figlio Andrea e del nipote Giacomo Granchi, oggi titolare dello studio, e con la generosa collaborazione degli allievi storici, Maria Bisi, Silvia Masini e Simone Toschi, sotto la direzione tecnica di Cecilia Alessi della Soprintendenza PSAE di Siena e Grosseto. L’intervento è documentato nel volumetto stampato per l’occasione nel 1997 dal Comune di Castel del Piano: “Francesco Nasini tra ‘Maniera’ e ‘Naturalismo’. Un dipinto restaurato in onore di Vittorio Granchi” a cura della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Siena e Grosseto, ed è dettagliatamente descritto nel testo di Andrea Granchi Le ragioni di un restauro.

E non senza commozione non possiamo non ricordare come il suo ultimo dipinto fu realizzato sulla strada di montagna, alla Madonna del Camicione, su un soggetto da lui prediletto: i mulai che con robusti cavalli da tiro spostano i tronchi di faggio nella foresta a mille metri di quota. Quella fu per Vittorio l’ultima pittorica “attrazione fatale”, fatica cui non volle  a nessun costo rinunciare nonostante fosse ormai costretto a dipingere seduto e a non poter più sostenere sforzi di nessun genere.

Vittorio Granchi sul Monte Amiata mentre lavora al suo ultimo dipinto, settembre 1992. (foto Andrea Granchi).

Vittorio Granchi, Mulai sull’Amiata, olio su tela, 1982. Archivio Studio Granchi.

Vittorio Granchi, Asinelli a Castel del Piano, olio su tavoletta, 1950. Archivio Studio Granchi.

Ma si potrebbero enumerare, nel ricco repertorio di “landscape paintings” amiatini, anche le numerose vedute di Roccalbegna e del suo fiume da lui frequentati pittoricamente dagli anni ’70, alcune vivaci versioni del pittoresco borgo medioevale di Rocchette di Fazio con i suoi spettacolari strapiombi, ma anche sensibili vedute serali di Castiglion d’Orcia, Bagni San Filippo, di Arcidosso o di S. Fiora , o quella “senza cielo” degli uliveti della valle tra Monte Giovi e Castel del Piano dipinta all’aperto, due mesi prima della scomparsa. Non vi è luogo sull’Amiata, ma anche lungo i fiumi che lo lambiscono, Orcia, Ombrone, Vivo, in cui Vittorio non abbia osservato col suo sguardo sensibile e selettivo, soggetti o sollecitazioni poi disegnate o dipinte.  

Tra i soggetti più frequentati nell’ultimo decennio, quando la feria estiva sull’Amiata era divenuto il suo appuntamento operativo più atteso e desiderato, si possono annoverare varie vedute del Castello di Potentino e, sempre a Seggiano, reiterate visioni della chiesa della Madonna delle Grazie e dei suoi secolari olivi. In questi dipinti affiora una estrema tensione luministica e una singolare freschezza di tocco e di pennellata, in netto contrasto con una ormai precaria condizione di salute che ne limitava i movimenti ma che pareva attenuarsi e retrocedere a fronte di una rinnovata energia, scaturita a contatto con i luoghi amati, tanto da consentirgli di realizzare alcuni degli ultimi dipinti addirittura in piedi, al cavalletto da campagna, come ai tempi migliori della giovinezza.

Vittorio Granchi mentre dipinge al cavalletto a Seggiano di fronte alla Madonna della Carità, estate 1992. (foto Andrea Granchi)

Vittorio Granchi, Luci tra gli olivi di Seggiano, olio su tela, 1992. Archivio Studio Granchi.

Vittorio Granchi, Olivi a Montegiovi, olio su tela, 1992. Archivio Studio Granchi.

Proprio i Comuni di Castel del Piano e di Seggiano vollero dedicare a Vittorio, rispettivamente nel 2009 presso la Pinacoteca Civica di Palazzo Nerucci e nel 2010 presso la Sala Espositiva del Comune, articolate mostre di questa serie di dipinti

Sopra: manifesti delle esposizioni a Palazzo Nerucci a Castel del Piano (2009) e Seggiano nel Palazzo del Comune (2010) e sotto a Grosseto nel Palazzo Aldobrandeschi. (Archivio Studio Granchi).

Ad esse seguì un’ulteriore esposizione promossa dalla Provincia di Grosseto ad allestita in quella città nella sede di Palazzo Aldobrandeschi. Il ciclo di opere dal 1946 al 1992 è stato oggetto di una specifica pubblicazione[1] e costituisce anche per i cultori dei luoghi e gli stessi abitanti, una rara occasione di approfondimento e di conoscenza dei ricchi e variegati valori estetici di questo territorio per tanti versi unico e impareggiabile, e contribuire così, come Vittorio Granchi auspicava, ad una sua adeguata e condivisa conservazione.


[1] Vittorio Granchi pittore dell’Amiata, catalogo dell’esposizione presso la Pinacoteca Civica di Palazzo Nerucci a Castel Del Piano a cura di Andrea Granchi e Carlo Prezzolini, con testi di Claudio Franci, Paolo Cocchi, Fabio Torchio, Cinzia Pieraccini, Stefania Ulivieri, Dario Nardella, Andrea Granchi, Bruno Santi, Carlo Prezzolini, Comune di Castel del Piano e Edizioni Effigi, Arcidosso, 2009.

Vittorio Granchi, La Propositura e il Palazzo del Comune a Castel del Piano, olio su tela, 1976

Vittorio Granchi mentre dipinge a Montegiovi, estate 1992. (foto Andrea Granchi).

Vittorio Granchi, Il Monte Amiata e case d’Orifile, olio su tela, 1978. Archivio Studio Granchi

Vittorio Granchi, Casali sull’Orcia, olio su tela, 1992. Archivio Studio Granchi