Vittorio Granchi nasce a Firenze il 20 ottobre 1908 in una famiglia dalle antiche e profonde tradizioni artistiche – il padre Pasquale era titolare di una “bottega” in cui realizzava con grande perizia mobili e oggetti decorati in stile – ebbe poi modo, dopo un primo determinante apprendistato col padre, di formarsi, negli anni ’20 all’Istituto d’Arte di Porta Romana a Firenze sotto la Guida di Luigi Cavalieri per la Decorazione industriale e con Giacomo Lolli per la Figura, rivelando subito eccellenti doti di pittore e decoratore.

Vittorio Granchi negli anni dell’Istituto d’Arte di Porta Romana. 

Autoritratto in controluce, carbone su carta, 20 ottobre 1924. Archivio Studio Granchi

Vittorio Granchi mentre opera sul Crocifisso di Cimabue.  Archivio Studio Granchi

Vittorio Granchi negli anni ’30 del ‘900  mentre opera nel Gabinetto Restauri della Soprintendenza alle Gallerie di Firenze

Una svolta fondamentale nella parabola operativa di Vittorio Granchi avvenne, dopo la prematura scomparsa del padre (1931), con la chiamata da parte di Ugo Procacci a far parte del primo gruppo di operatori del costituendo Gabinetto Restauri della Soprintendenza alle Gallerie fiorentine. Équipe che scriverà pagine di storia del restauro ancora oggi fondamentali e di cui Vittorio fece parte ininterrottamente dal 1934 al 1973 divenendone uno degli operatori più noti e apprezzati non solo per la perizia degli interventi da lui effettuati “di alta chirurgia” come li definì Umberto Baldini in un suo testo1, ma anche per le sue doti umane di serietà, riservatezza e di profonda dedizione al proprio lavoro.


1U. Baldini, Una vita per l’arte, “Vittorio Granchi pittore e decoratore. Opere 1924-1950”, Firenze, Morgana ed., 1992

Vittorio Granchi agli Uffizi con la Regina d’Olanda nei giorni successivi all’alluvione di Firenze del 4 novembre 1966

Vittorio Granchi (a sinistra con la maschera)  nella Limonaia di Boboli mentre opera su Crocifisso di Cimabue.
E’ la Fase cruciale che sarà denominata la “battaglia delle muffe”. Archivio Studio Granchi

Vittorio Granchi mentre opera sul Crocifisso di Cimabue alluvionato separando la pittura dal supporto ligneo. Archivio Studio Granchi.

L’intervento sul Crocifisso di Cimabue rimane uno degli restauri più noti di Vittorio Granchi e anche tra quelli più innovativi. Marco Ciatti, storico dell’arte e Soprintendente dell’Opificio, lo ha definito in un suo scritto “..una rivoluzione copernicana nel campo del restauro”. Vittorio riuscì infatti a salvare quel che restava della pittura ma anche, cosa inedita fino a quel momento, l’intero suo supposto originale, la grande croce lignea, riuscendo a separarle e a consentire il restauro di entrambe le componenti.

Parti separate del Crocifisso di Cimabue come furono presentate nell’esposizione  “Firenze Restaura” del 1972. Archivio Studio Granchi

Umberto Baldini e Vittorio Granchi nel Laboratorio della Fortezza da Basso, presentano al Re di Svezia lo stato dei lavori su parti del Crocifisso di Cimabue già separate dalla Croce lignea. Archivio Studio Granchi.

Uomo sobrio e poco incline, come lui stesso diceva, “alla luce dei riflettori”, fu stimato anche per un altro aspetto: fra i tanti e delicati incarichi assegnatigli da Procacci prima2 e da Baldini poi, vi fu quello dell’insegnamento ai più giovani, avviando quella “prima scuola” determinante per il costituirsi di nuove e ben preparate generazioni di operatori.  Vittorio Granchi fu per molti anni l’unico restauratore incaricato di occuparsi in senso didattico dei giovani, anche stranieri, che si aggregavano al Laboratorio di Restauro fiorentino e che abbisognavano di una guida paziente, autorevole e sicura ed egli, fra tutti, si rivelò il più disponibile, svolgendo con passione, tatto e competenza questo difficile compito.

Vittorio Granchi nel Gabinetto Restauri, con allievi e collaboratori, anni ’50 del ‘900. Archivio Studio Granchi


2Con lettera autografa datata 28 aprile 1966 Procacci lo nomina direttore tecnico del II° reparto del Laboratorio con competenze di “guida e sorveglianza” su tutti i restauratori esterni e stranieri ivi operanti.
Vittorio Granchi alla Vecchia Posta degli Uffizi con Armando Grazzini, Mario Di Prete e Gilberto Bisi.
Archivio Studio Granchi su concessione di Maria Bisi

Una traccia essenziale di questo enorme lavoro di insegnamento rimane raccolta nel voluminoso ciclo di lezioni, trascritte meticolosamente una per una, da lui tenute presso il Gabinetto Restauri ad uso dei giovani apprendisti o aggregati. La parte finale di questo testo, di particolare rilevanza storica in quanto vi sono descritte dettagliatamente le operazioni svolte sulle opere d’arte su tavola ricoverate nella Limonaia di Boboli  dopo l’alluvione del 1966 e tutti gli operatori che vi lavorarono, è stata recentemente pubblicata nel volume “Vittorio Granchi e la scuola fiorentina del restauro.

Pagina manoscritta della prefazione alle Lezioni di restauro. Archivio Studio Granchi
Coperta del volume “Vittorio Granchi e la scuola fiorentina del restauro che raccoglie atti e documenti della giornata di studi del 20 ottobre 2008, centenario della nascita di Vittorio.

Egli non tralasciò mai l’insegnamento del restauro sia in Soprintendenza, sia poi, una volta collocato in pensione, nel proprio studio, sì che molte generazioni di giovani, stranieri e italiani si sono formati a Firenze con lui, portando con sé l’esperienza fondamentale e la forte impronta della “Scuola Fiorentina del Restauro” di cui Vittorio fu una delle figure più rappresentative.

Arduo qui enumerare le tappe e gli episodi operativi peculiari che costellarono oltre sessant’anni di attività. Fra gli innumerevoli restauri considerati storici, famosi rimasero a lungo gli interventi di “trasporto” del Beato Angelico e del Sassetta di Cortona avviati durante la guerra assieme a Gaetano Lo Vullo, primo direttore tecnico del Laboratorio,  e conclusi alla fine degli anni ’40.

Il Trittico del Beato Angelico di Cortona, prima e dopo il restauro. Archivio Studio Granchi

Ma memorabile fu anche il lungo intervento di restauro in Palazzo Vecchio alle tavole vasariane del soffitto del Salone dei Cinquecento e negli appartamenti monumentali, lavori che si conclusero nel ’50 e che Vittorio condusse come capo della prestigiosa équipe operativa composta da Ermanno Toschi, Mario Di Prete, Gilberto Bisi e Luciano Bracci.

Tavola vasariana del soffitto del Salone dei Cinquecento prima e dopo l’intervento dell’équipe diretta da Vittorio Granchi. Archivio Studio Granchi

Negli anni ’60 significativi rimangono gli interventi sulle opere della Galleria degli Uffizi sfregiate da un ignoto vandalo, in particolare sul Ritratto di giovane di Lorenzo Lotto che aveva avuto entrambi gli occhi devastati e che Vittorio risarcì con un mirabile restauro pittorico.

Radiografia del “Ritratto di giovane” di Lorenzo Lotto (a sinistra), in cui si scopre una precedente impostazione del volto. A destra il dipinto dopo il restauro di Vittorio Granchi.

L’alluvione di Firenze del 1966 rappresentò per Vittorio Granchi un altro grande, durissimo, momento operativo. Ebbe infatti il compito, nell’emergenza del momento, di occuparsi della sezione staccata del Laboratorio allestita, dopo l’inagibilità della sede storica del Gabinetto Restauri che era alla Vecchia Posta degli Uffizi, presso la Limonaia di Boboli e destinata ad accogliere in prevalenza le vittime più gravi di quella sciagura: le opere dipinte su tavola.

Operazioni su un polittico e su dipinti su tavola all’interno della Limonaia di Boboli

Tra queste emergeva con i suoi danni a tutti ormai noti  il Crocifisso di Cimabue. Vittorio ebbe l’incarico di effettuare su di esso le operazioni più difficili, salvare quel che rimaneva della pittura originale. Egli riuscì, con un intervento magistrale, a separare il colore e la tela dal supporto ligneo, consolidando e fermando ciò che ancora rimaneva e accompagnandolo poi fino alla mostra “Firenze Restaura” del 1972.

Vittorio opera sul Cimabue alla Fortezza da Basso, dopo il trasferimento del Gabinetto Restauri dalla Vecchia Posta degli Uffizi al nuovo laboratorio allestito dopo l’alluvione. Archivio Studio Granchi.

Renzo Chiarelli, ex soprintendente e vecchio amico di Vittorio, in un testo pubblicato in occasione della sua mostra postuma all’Accademia delle Arti del Disegno (1992)3 definì il periodo in cui Vittorio Granchi ebbe la ventura di lavorare sul Crocifisso di Cimabue “il suo momento più alto”. Certo gli sforzi enormi compiuti durante gli anni immediatamente susseguenti all’alluvione del ’66 portarono a logorarne la pur tenace fibra ma non a distoglierlo da quel mondo cui aveva donato tutta la sua vita e a cui ancora per diversi anni, e fino all’ultimo, si sarebbe dedicato con la consueta passione, generosità e rara competenza. E’ il fondatore dello “Studio Granchi” di Firenze.

Scomparve all’improvviso nella sua città il 30 novembre del 1992.


 3R. Chiarelli, Quasi una vita con Vittorio Granchi, “Vittorio Granchi”, cit., Firenze, 1992 

L’attività e l’opera di Vittorio è stata, ed è attualmente, oggetto di studi specifici: nel 2008 è stata discussa  una tesi di laurea4 – relatore Marco Ciatti – mentre è in preparazione una pubblicazione comprendente tutti gli scritti e le lezioni di restauro da lui tenute all’interno del Laboratorio della Soprintendenza.

Elisa Zonta, “Vittorio Granchi nella storia del restauro”, tesi di laurea, 2008
 
4Tesi di Laurea triennale in Teoria del Restauro, candidata  Elisa Zonta. La tesi dal titolo ” Vittorio Granchi nella storia del restauro” si è tenuta per il Corso di Laurea in Scienza dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Siena, sede di Arezzo per l’anno accademico 2007-2008.

Il 20 ottobre 2008, in occasione del centenario della nascita di Vittorio, si è tenuta un’articolata giornata di studi su “Vittorio Granchi e la Scuola Fiorentina del Restauro” in collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure, col Polo Museale, la Soprintendenza, l’Accademia di Belle Arti e il Comune di Firenze e che si è svolta presso la Sala delle Adunanze dell’Accademia delle Arti del Disegno.

Uno degli ultimi restauri di Vittorio Granchi, la Pala di San Martino di Santi di Tito del Duomo di Sesto Fiorentino.
La tavola prima e dopo il restauro (1988-90). (Archivio Studio Granchi)